2009

Per il Sudan voglio…

Timothy Yuggu parla del suo Paese e dei progetti che vuole realizzare.

Timothy Yuggu è un giovane sudanese che sta studiando a Roma. Diplomato al Collegio del Mondo dell’Adriatico-Trieste e laureato in Relazioni Internazionali (Università di John-Cabot-Roma), sta qui ultimando il Master in Management delle Organizzazioni del Terzo Settore presso l’Angelicum. A lui chiediamo di parlarci del suo Paese e dei suoi progetti per il futuro.

D: Italia –Sudan. Quali differenze ti hanno più colpito? 
Lo sviluppo della rete stradale. Le città ricche di monumenti e di testimonianze della storia e della cultura del vostro Paese. E i nuclei familiari: qui ci sono tante famiglie monogame e con pochi figli, da 1 a 3.

D: Italia –Sudan. Quali sono i punti in comune? 
La maggioranza delle persone in Italia e a Juba (Sudan) sono di religione cristiana. Inoltre,
vedo che tutti desiderano progredire, il successo e vivere nella pace.

D: I 3 aggettivi che meglio definiscono il tuo Paese. 
Spaccato. Delicato. Rabbioso. L’ultimo aggettivo si riferisce alla condotta politica del mio Paese, nelle mani di un governo autoritario (ndr: Giunta militare). Mi spiego: nel 2005 è stato raggiunto un accordo di pace fra il Sud Sudan e il Nord Sudan. Accordo arrivato dopo 24 anni di guerra. Adesso al governo ci sono membri del sud e del nord, ma la maggioranza è ancora rappresentata da esponenti del Nord Sudan, che prendono molte decisioni nell’interesse della loro regione e non dell’intero Paese.

D: In Italia gli abitanti sotto i 15 anni sono il 14%; in Sudan il 40%. Che prospettive hanno i giovani del tuo Paese? 
Il Sudan, sin dal 1956, anno in cui ha raggiunto l’indipendenza dal Governo coloniale Anglo-Egiziano, è in continua guerra civile. C’è ancora guerra nella regione del Darfur (ndr: parte occidentale del Sudan).Il lato positivo di questa situazione è che i giovani desiderano andare a scuola per poter studiare, capire e diventare “qualcuno” in grado
di aiutare davvero la famiglia e l’intero Paese.

D: In Italia gli abitanti sopra i 60 anni sono il 25,3%; in Sudan il 2.5%. Che prospettive hanno le persone di oltre 60 anni del tuo Paese? 
In Sudan le persone con più di 60 anni sono molto rispettate e ascoltate. Considerate sagge,hanno il compito di moderare eventuali dispute e di agevolare la risoluzione dei problemi personali e della comunità. Sono dei “councelor”.

D: Quali sono gli errori più comuni fatti dai mezzi d’informazione italiani e internazionali quando parlano del tuo Paese? 
In molti casi l’informazione sembra fatta nell’interesse dell’Italia, non del Sudan. Sul mio Paese vengono sempre date notizie negative.

D: In Sudan il 32.9% del PIL proviene dall’agricoltura. Sono arrivate anche nel tuo Paese le sementi OGM? Se sì, che cosa ne pensi? 
Non sono arrivate sementi OGM.

D: Presente in Italia. Futuro in Sudan? 
Futuro in Sudan.

D: Che progetti hai per il tuo Paese? 
Desidero lavorare per lo sviluppo del mio Paese e svolgere un’attività legata al trasporto dell’acqua, perché il mio popolo ogni giorno deve percorrere 2 o 3 chilometri per andare a prendere 20 litri d’acqua potabile. Penso dunque a camion che possano portare l’acqua a tutte le comunità.

D: Pensi di collaborare con ONG internazionali una volta nel tuo Paese? Se sì, perché? Se no, perché? 
Sì, sono disponibile a collaborare con una ONG internazionale. L’importante è fare qualcosa di costruttivo per garantire sia l’acqua potabile sia l’istruzione. Vorrei diventare un punto di riferimento per le comunità del mio Paese.

D: Per la realizzazione del tuo progetto pensi di impiegare personale locale o anche internazionale? 
Penso che la scelta del personale locale o internazionale dipenda dalle competenze richieste da un determinato progetto. Se il personale locale non dovesse avere le competenze necessarie, ricorrerei a professionisti provenienti dall’estero.

D: Nel tuo Paese sono in corso progetti di ONG? Se sì, quante internazionali e quante locali? 
In Sudan operano ONG come Save the Children, Cins e Acord. Abbiamo fino a 10 ONG internazionali, impegnate in vari settori fra cui l’istruzione, la salute, lo sviluppo agricolo.

D: Le ONG internazionali e le organizzazioni locali attive nel tuo Paese stanno collaborando? 
Sì, collaborano, ma solo quelle che operano nel Sud Sudan. Nel Nord Sudan invece, nella regione del Darfur, le ONG sono state espulse dal governo per le troppe divergenze e gli interessi contrapposti.

D: Hai mai visto campagne di raccolta fondi (spot, stampa, web, mailing) a favore del tuo Paese? Se sì, che cosa ne pensi? 
Non ho visto campagne di raccolta fondi a favore del Sudan. Però ho sentito notizie sul Darfur in televisione.

D: “Human Rights Based Approach” versus “Charity Based Approach”: che cosa ne pensi? 
Lo “Human Rights Based Approach” è un approccio positivo e giusto per i Paesi democratici, per quanti condividono i principi dell’ONU e vogliono che i diritti dell’individuo siano rispettati, tutti. Ma un Paese come il mio, povero e senza libertà di stampa…In Sudan un singolo individuo può fare e dire poco. Per quanto riguarda il “Charity Based Approach”, penso che debba muovere un gesto instintivo, la pura volontà di aiutare senza forzature di alcun tipo.
E’ necessario però che porti al raggiungimento di un obiettivo.

D: Quest’anno la Convenzione ONU sui Diritti dei Bambini compie 20 anni. Che cosa ti impegni a fare per i minori del tuo Paese? 
I diritti dei bambini sono fondamentali e dovrebbero essere rispettati da tutti. Per quanto mi riguarda, voglio divulgarli sia organizzando conferenze nel mio Paese sia sensibilizzando ed educando la comunità. E’ importante rispettare i minori, i loro diritti, la loro voce.

By Eleonora Terrile

Parole scelte con cura

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